Ecco il testo del mio intervento in Commissione Lavoro del 2 aprile nell’ambito dell’audizione del ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, sulle linee programmatiche del suo dicastero

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Sulla mobilità bisogna dare attuazione – non si capisce perché non si sia ancora riusciti a farlo – alla parte del decreto legislativo n.165 del 2011 che prevede la tabella di equiparazione dei livelli di inquadramento. Il Ministro lo richiamava, ma ci sono alcune motivazioni per cui non gli è stata data attuazione: bisognerebbe vincere alcune resistenze. Le pubbliche amministrazioni hanno anche l’obbligo, e anche questo non è stato fatto, di segnalare le eccedenze. Questo permette poi di avere un quadro più ampio e completo anche d’insieme. Quanto ai vincitori di concorso, qualche tempo fa siamo riusciti a stabilire il principio che i vincitori di concorso non assunti possano essere utilizzati pescando da quelle graduatorie per i posti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni. Tali posti non vanno più banditi, ma si pesca da quelle graduatorie. Bisognerebbe riuscire a fare questo non solo nella stessa struttura della pubblica amministrazione, ma anche nel comparto. Questo permetterebbe di dare valorizzazione almeno temporanea alla piaga dei vincitori di concorso non assunti.
Sulla questione della dirigenza c’è il decreto legislativo n. 150 del 2009, la cosiddetta riforma Brunetta, che non ha avuto attuazione in una grossa porzione della parte meritocratica: la proporzionalità delle retribuzioni, la mobilità anche unilaterale e i criteri valutativi. Per proporzionalità nelle retribuzioni mi riferisco agli obiettivi e alle responsabilità. Un conto è un dirigente che fa studi, un altro è il dirigente che ha gestione e responsabilità. Le retribuzioni dovrebbero essere calcolate anche in base a questo. Il Ministro ha parlato dell’esperienza nel privato. Sappiamo benissimo che i dirigenti che fanno esperienza nel privato non hanno poi la continuità contributiva. L’esperienza nel privato, atteso che comunque ha un limite di cinque anni, non risulta, quindi, utile ai fini della carriera. È evidente che ci sia un disincentivo strutturale da parte del dirigente a fare esperienze nel privato. Ancora, sui comma 6 e la valutazione, bisogna far sì che i comma 6 non siano uno strumento per far saltare il livello dei funzionari al livello dei dirigenti. Poi si possono fare i controlli che si vogliono. Con riguardo al ruolo unico bisognerebbe sapere come funziona, chi lo gestisce, quanto si guadagna. Sono tutte incognite, finché se ne parla genericamente. Ci piacerebbe capire qualcosa di più. Inoltre, voi, come Ministri, avete già fissato gli obiettivi per il 2014 ai dirigenti e, se sì, quali sono e sono misurabili? Ci sono diverse incognite nell’ambito della questione della pubblica amministrazione e del personale, in particolare della dirigenza. Per fortuna, se riusciamo a capire che la dirigenza può essere il grimaldello per farla funzionare e non il capro espiatorio dei disservizi, forse facciamo un salto di qualità. Tuttavia, dobbiamo portare avanti un principio molto semplice: chi lavora di più deve essere pagato di più, chi lavora di meno deve guadagnare di meno. Noi vediamo anche che spesso le retribuzioni di risultato vengono erogate in maniera anticipata. Si devono poter licenziare quei dipendenti che non vanno a lavorare nelle pubbliche amministrazioni e, quindi, si deve poter incidere in maniera rigorosa e forte contro fenomeni come l’assenteismo.

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